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Evoluzionismo

Dibattiti culturali

Evoluzionismo
di  Vincenzo Panzeca
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Riflessione N 1


                    Riflessione N 2


                     

L’Evoluzionismo di Darwin è una verità scientifica?.. E’ vero che dai pesci si sono formati i rettili, dai rettili gli uccelli, dagli uccelli i mammiferi?.. E’ dato per certo che l’uomo e la scimmia procedono da un antenato comune?.. E’ scientifico poi affermare che certamente la prima cellula è nata casualmente da molecole di materia inorganica o organica?..


1) Che cosa sostiene Darwin:

Nell’enciclopedia Treccani leggiamo: …Mettendo assieme le sue rigorose osservazioni, D. arrivò alla conclusione che tutti gli esseri viventi, uomo compreso, sono sottoposti, nel succedersi delle generazioni, a lenti ma continui cambiamenti, chiamati  evoluzione . Questa teoria forniva una spiegazione di quella che Darwin riteneva essere una graduale trasformazione delle specie. La conferma scientifica della validità della teoria evoluzionistica di Darwin si ebbe agli inizi del 20° sec., con la riscoperta delle leggi di Mendel e la nascita della genetica.

L’enciclopedia offre per certo, come scientifico e provato su “rigorose osservazioni”, l’evoluzionismo darwiniano, e all’enciclopedia fanno eco i libri di testo scolastici e il pensiero di uomini e donne di cultura che lo danno per scontato, com’è scontata la velocità della luce, o la legge di attrazione delle masse, o i movimenti di rotazione e di rivoluzione del nostro pianeta.

In breve: tanti piccoli cambiamenti “microevoluzione”, sommatisi nell’arco di centinaia di migliaia e milioni di anni, avrebbero dato origine alla “macroevoluzione” e dunque all’origine di nuove specie (ad esempio il passaggio dai rettili agli uccelli attraverso un grande numero di specie intermedie ormai estinte).




2) Cominciamo da capo: le origini della vita…  le origini della cellula.

Risalendo così da specie complessa a specie meno complessa, tutte le specie giungono a un antenato comune, che però Darwin non dice come si sia costituito.
Allora, infatti, si pensava ancora come nel Medio Evo, alla generazione spontanea: la materia organica si generava da quella inorganica (le rane si generavano dal fango, gli insetti dai residui alimentari e dalla carne e dal formaggio i vermi).

2a) Non era così! E Louis Pasteur, famoso biologo contemporaneo di Darwin rifiutò su basi scientifiche la teoria dell’evoluzione che potesse concepire la materia organica derivatasi per caso da quella inorganica:

Non esiste nessuna prova affermativa che esseri microscopici possano generarsi dalle materie inorganiche (Molecular Evolution, Louis Pasteur, Fox & Dose).

Preferisco non addentrarmi oltre in questo argomento, perché non ne ho la preparazione scientifica. Mi limito a riportare le parole d’illustri ricercatori, il più delle volte evoluzionisti, che hanno impegnato tutta la loro esistenza per trovare anche solo una mezza risposta che potesse giustificare l’apparire della prima cellula dalla brodaglia primordiale:

2b) Alexander Oparin, biochimico e biologo russo, ad esempio, negli anni ’30 del secolo scorso, riteneva che l'atmosfera primordiale della Terra fosse composta da metano, ammoniaca, anidride carbonica, idrogeno e acqua e che da questi composti avessero avuto origine le molecole organiche. Oparin riuscì a dimostrare un modo in cui molecole organiche semplici si riorganizzavano in sistemi microscopici detti coacervati (forse i precursori delle membrane cellulari), dai quali probabilmente una vita primitiva avrebbe potuto svilupparsi: tante coincidenze… troppe, per cercare di passare dalla materia inanimata alla prima cellula.
L’esimio scienziato alla fine dovette, infatti, confessare:
Sfortunatamente l’origine della cellula primaria rimane come un punto oscuro che comprende tutta la teoria dell’evoluzione (The Origin of  life, p.36).

2c) Il biochimico statunitense Stanley Miller, negli anni ’50, presumendo che l'atmosfera della Terra primordiale fosse simile a quella presente oggi su Giove, cioè ricca di ammoniaca, metano e idrogeno, dimostrò che tali composti, se sottoposti a una sorgente di energia come, per esempio, una scarica elettrica, possono reagire con l'acqua per produrre gli amminoacidi, alcune molecole organiche semplici, essenziali per la formazione della materia vivente. Si pensò allora di aver trovato la risposta che si cercava per giustificare l’origine della vita, della cellula, nella prospettiva evoluzionistica. Le scoperte successive però dimostrarono che i gas usati per l’esperimento non erano quelli presenti nell’atmosfera primitiva. Miller stesso accettò l’invalidità del suo esperimento.

2d) Jeffrey Bada, professore di geochimica ed evoluzionista convinto, affermò nel 1998 su Earth, una delle riviste scientifiche più autorevoli a livello internazionale, che l’origine della vita sulla terra rappresenta il più grande problema irrisolto:
Oggi che stiamo lasciandoci alle spalle il XX secolo, non siamo ancora in grado di dare una risposta concreta alla domanda fondamentale che ci eravamo posti all’inizio del secolo: "Come si è originata la vita?".

2e) Il più grande ostacolo alla teoria dell’evoluzione è la struttura incredibilmente complessa della cellula, elemento costitutivo essenziale di tutti gli esseri viventi, una complessità che è stata scoperta gradualmente solo dalla metà del XX secolo con il microscopio elettronico, sconosciuta dunque a Darwin, e una complessità difficilmente giustificabile attraverso una successione casuale. Ogni cellula vivente contiene migliaia di particelle che lavorano in perfetta armonia: centrali energetiche, fabbriche di enzimi e di ormoni vitali, una banca dati, sistemi di trasporto e d’immagazzinamento, accessi protetti… un sistema complessissimo che, secondo il Neoevoluzionismo, esisterebbe solo per una serie di casi fortuiti.
Il professor Fred Hoyle, matematico e astronomo, spiega con questo esempio l’impossibilità della suddetta teoria:
La probabilità che una cellula vivente sia stata generata per caso è paragonabile alla probabilità della produzione di un Boeing 747 a causa di una bufera che colpisce un deposito di ferri vecchi. (Nature 12 novembre 1981)

2f) La biochimica moderna ha permesso di conoscere anche la molecola del DNA presente nel nucleo della cellula e l’origine della vita si è presentata da allora ancora più complessa di quello che si poteva pensare. Francis Crick, lo scienziato che scoprì la molecola del DNA assieme a James Watson, anche lui evoluzionista convinto, confessò che la complessità della molecola gigantesca del DNA non poteva essere stata prodotta da una successione fortuita di coincidenze. Nel DNA, infatti, in meno di un millesimo di millimetro, sono codificate e registrate le più piccole e insignificanti caratteristiche del nostro organismo come essere vivente, che se dovessero essere stampate su pagina, determinerebbero uno schedario approssimativo di un milione di pagine.

3) La selezione naturale può dare origine a nuove specie?
La selezione naturale, il solo meccanismo proposto da Darwin a supporto dell’evoluzionismo, può solo conservare e rafforzare le specie preesistenti non cambiarle: tra un branco di zebre, o di cervi, o di gnu, ad esempio, sopravvive l’animale che corre più veloce perché riesce a sfuggire con maggiore facilità ai predatori; i più lenti, i più deboli soccombono.

3a) Darwin invece era profondamente influenzato dal biologo francese Lamarck che riteneva che gli esseri viventi trasmettessero alle generazioni future tutte le caratteristiche fisiche acquisite nella loro vita. Dall’accumulo di nuove caratteristiche, di generazione in generazione, la selezione naturale sceglieva gli individui con le caratteristiche più favorevoli alla vita generando le nuove specie, mentre lentamente eliminava tutti gli altri. Così le giraffe si erano evolute dai cervi quando i loro colli si erano allungati cercando di mangiare le foglie dai rami più alti degli alberi. Così se le braccia dei bambini di una famiglia fossero state tagliate per generazioni, da quella famiglia sarebbero cominciati a nascere bambini senza braccia. Darwin si spinse oltre: alcuni orsi si sarebbero evoluti in balene mentre cercavano di catturare i pesci.
Le cose non stanno così e le leggi fondamentali della biologia, oggi confermate dagli studi di genetica, di biochimica e di microbiologia, lo dimostrano: gli stadi primitivi della scienza di allora avevano determinato quegli errori.
Eppure già Darwin, al capitolo VI della sua opera Origine delle specie, sembra aver fiutato i limiti intrinsechi della sua teoria, e scrive:
Se si dimostrasse che un organo complesso non può derivare da una catena di piccoli cambiamenti, la mia teoria sarebbe distrutta.

3b)
Nel 1865 però un monaco boemo, Gregor Mendel, pubblicò i risultati di varie sperimentazioni in un lavoro dal titolo "Esperimenti sull'ibridazione delle piante". Questi studi, condotti nell'arco di otto anni, permisero di formulare le leggi che stanno alla base dell'ereditarietà e che dimostrarono che la selezione naturale non era efficace a far evolvere le specie, attraverso le caratteristiche acquisite durante l’esistenza
.
3c) Così confessa il paleontologo Colin Patterson alla fine del XX secolo:
Nessuno è riuscito a riprodurre una nuova specie con i meccanismi della selezione, anzi nessuno è riuscito ad avvicinarsi a un processo del genere. Oggi la parte più discussa del neo-Darwinismo è questa.
Il principio fondamentale della Complessità irriducibile sostiene poi che tutti gli organismi viventi sono particolarmente complessi e complessi sono i rapporti tra i loro vari organi, così che la mancanza anche solo di un minimo pezzo della loro complessità, fa perdere la funzionalità a tutto il sistema, e si deve supporre che tutti questi sistemi nella loro complessità siano apparsi simultaneamente. L’esempio che si propone di solito a questo proposito è il seguente: le ali per un uccello esplicano la loro funzionalità in rapporto a tutto l’organismo solo quando sono complete.

3d)  Nel XX secolo la teoria dell’evoluzione non più sostenibile dalla sola selezione si è complicata del meccanismo della "mutazione"
Le mutazioni sono dei cambiamenti nel DNA che avvengono a causa di effetti esterni, come le radiazioni e le sostanze chimiche. L’evoluzione delle specie si sarebbe dunque attuata attraverso questi cambiamenti. Tuttavia siccome le mutazioni sono cambiamenti negativi del Dna, anche il loro effetto sull’organismo è sempre negativo, debilitante, distruttivo e fatale: non nuove specie dunque più resistenti, ma più deboli, dei mostri. Mai si è, infatti, osservata una mutazione positiva.

4)La paleontologia smentisce la teoria dell’Evoluzione
Non pochi però sono gli scienziati che non si accordano con l’Evoluzionismo del celebre naturalista e quindi con il Neoevoluzionismo dei suoi numerosi discepoli

4a) Ad esempio Wolf-Ekkehard Lönnig, un nome di spicco nel mondo accademico, avendo contribuito con i suoi studi scientifici al prestigioso Max Planck Institute, usa argomentazioni scientifiche per destituire di fondamento le tesi darwiniste e cita lo stesso Darwin proprio per spiegare cosa ci sia di dubbio nella teoria del naturalista inglese:
Un'ipotesi scientifica dovrebbe essere potenzialmente falsificabile, ovvero, dovrebbero esistere criteri secondo i quali un'ipotesi possa essere confutata e quindi scartata dimostrandosi falsa. In relazione alle origini delle specie, Darwin asserì che l'evoluzione procede attraverso 'variazioni ereditate infinitesimamente piccole', 'passi non più grandi di quelli che separano le più piccole varietà'', 'poiché la selezione naturale può agire solo avendo vantaggio da minime variazioni successive; non può mai compiere un balzo, ma deve avanzare con i più brevi e lenti passi possibili'. Questo è anche l'assunto della maggior parte dei moderni evoluzionisti, i Neo-Darwinisti. Comunque l'idea di una lenta evoluzione attraverso 'variazioni ereditate infinitesimamente piccole' è stata falsificata dai ritrovamenti della paleontologia – inerenti l'improvvisa comparsa degli schemi strutturali della vita – così come dalla genetica – origine del DNA e informazione genetica complessa . Ciò nonostante gli evoluzionisti rigettano per principio qualunque prova scientifica contro il Neo-Darwinismo così che, di fatto, la loro teoria è diventata una posizione infalsificabile alla quale si aderisce nonostante le prove contrarie.

4b)  E Darwin smentisce se stesso
Nell’ Origine della specie Darwin per primo, al capitolo VI, intitolato "Difficoltà della teoria", era consapevole dei limiti della sua teoria, limiti che sperava che sarebbero stati superati dalle scoperte scientifiche a venire. Una di queste difficoltà che può essere colta facilmente da tutti è espressa con queste precise parole:

Infine rivolgendo l’attenzione non a una sola epoca ma a tutte le epoche, se la mia teoria è vera, è certo che debbano essere esistite infinite varietà intermedie che collegarono strettamente tutte le specie di uno stesso gruppo. Per questo le prove della loro passata esistenza potrebbero essere ritrovate esclusivamente tra i resti fossili, che si sono conservati, come cercheremo di dimostrare, in forme estremamente  imperfette e saltuarie.

Insomma, considerando che il passaggio da una specie oggi vivente a un’altra, oggi vivente, ha implicato un numero infinito di specie intermedie oggi estinte, la ricerca dei resti fossili (paleontologia), avrebbe dovuto ritrovare in grande quantità proprio i resti delle specie intermedie estinte (superiore nel numero a quelle viventi). La paleontologia però, già ai tempi di Darwin e oggi ancora, con mezzi più sofisticati, trova resti di animali viventi o estinti, ma non intermedi.  
E Darwin ai suoi tempi rifletteva già così di fronte all’assenza di specie intermedie estinte:

Perché se le specie derivano da altre specie attraverso impercettibili gradazioni, non vediamo ovunque innumerevoli forme di transizione? Ma dal momento che queste forme di transizione devono essere esistite, perché non le troviamo sepolte in numero infinito nella crosta terrestre?

4c) Gli Evoluzionisti da allora si sono impegnati a ricercare l’anello mancante, ma, nonostante i loro sforzi nessuna forma transizionale è ancora stata scoperta. Ad esempio, prima delle creature del Periodo Cambriano (il più antico strato della terra in cui sono stati trovati fossili di creature viventi, 500/550 milioni di anni), lumache, vermi, meduse, ricci di mare, trilobiti, spugne, non esistono delle creature complesse; e quelle creature sono emerse tutte all’improvviso senza un antenato primitivo e i loro organismi complessi non sono diversi da quelli attuali, invalidando la teoria di Darwin che ipotizza un’evoluzione graduale dal primitivo al complesso.

E’ un po’ come se fossero apparsi all’improvviso senza nessuna storia evoluzionistica (The Blind Watchmaker, 1986 di Richard Dawkins, etologo, biologo, ateo).

4d) E’ il crollo della teoria evoluzionistica perché lo stesso Darwin scrisse:

Se molte specie, appartenenti agli stessi generi o famiglie, fossero realmente apparsi improvvisamente, questo fatto sarebbe fatale alla teoria dell’Evoluzione per selezione naturale.

La vita apparve dunque sulla terra improvvisamente e pienamente formata e questo vale per i pesci, gli anfibi, i rettili, gli uccelli e i mammiferi; inesistenti le forme di transizione immaginate dagli evoluzionisti. Nessuna poi la differenza tra i resti fossili degli animali vissuti cento milioni di anni fa e i loro esempi che attualmente vivono sulla terra.

Darwin, al capitolo IX della stessa opera, attribuiva la scarsità dei reperti a una scienza, la paleontologia, non ancora sufficientemente sviluppata allora; ma oggi... si può sostenere la stessa cosa?..


5)  Le sicurezze evoluzionistiche spesso si sono rivelate illusioni, qualche esempio:


5a)  Il celacanto
(ritenuto da tempo estinto e invece ritrovato ancora vivente in pochi esemplari), non si era evoluto dopo settanta milioni di anni, ma soprattutto leggiamo:

Il celacanto possiede pinne pettorali e anali carnose, supportate da ossa, e, dal punto di vista evolutivo, è stato a lungo in pole position come possibile anello mancante tra le forme di vita acquatiche e i primi abitanti terrestri, i tetrapodi. Oggi, il sequenziamento del suo Dna ha rivelato che non è lui il diretto antenato di chi ha colonizzato la Terra, circa 400 milioni di anni fa.
(Corriere della Sera, Scienze, 19 aprile 2013  Cade un mito: il celacanto non è l'antenato dei vertebrati terrestri)

5b)  L’Archaeopteryx

L’Archaeopteryx aveva una serie completa di denti, uno sterno piuttosto piatto, una lunga coda ossuta, tre artigli nell'ala che avrebbero potuto essere utilizzati ancora per afferrare la preda (o forse i rami degli alberi). Tuttavia le piume, le ali, la furcula sono tutte caratteristiche degli uccelli moderni.nel 1868, Huxley interpretò il fossile di Archaeopteryx come un uccello transitorio, sostenendo che gli uccelli e rettili discendevano da antenati comuni.
Decenni più tardi, nel 1970, dopo molte ricerche, la teoria di Huxley non è più ritenuta certa come un tempo. A lungo, infatti, è stato ritenuto che l’Archaeopteryx fosse una forma di transizione tra rettili e uccelli, anzi fosse il più antico uccello conosciuto. Ultimamente, gli scienziati hanno invece messo in evidenza la sua maggiore rassomiglianza con i suoi antenati, che con gli uccelli moderni; fornendo un forte legame filogenetico tra i due gruppi. I paleontologi sono arrivati a ipotizzare che l’Archaeopteryx sia un vicolo cieco nell’evoluzione e non costituisca una forma transizionale.



6)  E allora, in assenza di reperti, si è fabbricata l’evoluzione a tavolino: l’uomo del Nebrasdka e l’homo Piltdowni.


6a)
E’ il caso del
l'Homo Piltdowni. Furono il geologo Charles Dawson e il direttore del dipartimento di geologia del British Museum, Artur Smith Woodward, che annunciarono al mondo intero che a Piltdown nel Sussex era stato trovato l'anello mancante tra l'uomo e la scimmia. L'Homo Piltdowni venne completato in tutte le sue parti con cartapesta e fu collocato nel British Museum. Unici elementi ossei erano un pezzo di calotta cranica umana e una mandibola scimmiesca. Per quarant'anni le scolaresche andarono a vedere l'Homo Piltdowni. Poi nel 1953 si seppe che la mascella era di un orango morto di recente: i condili erano stati limati per farli combaciare con il cranio e i denti erano stati invecchiati col pennello. Gli inventori dell'Homo Piltdowni dissero anche di avere trovato accanto ai reperti un femore di Mammuth  lavorato per farne una mazza, certamente usata dal loro Homo; ma l'osso di Mammut era stato sottratto al Museum da un certo Martin A. Hinton, che lo limò e lo seppellì nella zona degli scavi, e poi fu oggetto di ritrovamento.

6b) Un altro fossile che era stato accolto come un progenitore del genere umano fu l'uomo del Nebraska, anche chiamato con il suo più altisonante nome scientifico Hesperopiteco. Si trattava, in pratica, di null'altro che di un dente, ma era tutto quello che ci voleva perché degli "esperti" costruissero l'intero uomo che, naturalmente, aveva proprio l'aspetto sognato da un evoluzionista. Attualmente ha posto termine alla sua carriera la scoperta che si trattava del dente di un porco e non di un uomo.

7)  Darwin aveva profetato che dovevano esserci delle forme intermedie, un anello tra l'uomo e la scimmia, e non trovandolo lo si costruì, in fede al dogma Darwiniano.
Tutti gli evoluzionisti, infatti, danno come scontata la teoria di Darwin (originale o rivista) su cui (non si capisce per quale ragione) compiono un vero atto di fede. Il paleontologo Dr. Johanson diede questa risposta incredibile a un suo interlocutore:
Se non credete all’omologia (=somiglianza, affinità), non credete nell’evoluzione, ma l'evoluzione è un fatto!
E’ un ragionamento che non sta in piedi: forse i novelli plurilaureati dovrebbero esercitarsi un po’ di più nel rigore filosofico piuttosto che lasciarsi andare a sogni fantascientifici.
Se il principio dell’omologia, infatti, deve giustificare l’evoluzione, l’omologia non può essere giustificata dalla teoria dell’evoluzione: uno non può giustificare l’altra reciprocamente. Insomma, se si registra una lontana e poi non accertata similitudine tra un resto fossile e una specie vivente, nulla dimostra che il primo sia un antenato della seconda e non un’altra specie estinta nei secoli.

8)  Sui presupposti dell’Evoluzionismo si è ipotizzato anche che gli uomini siano discesi da un antenato comune a quello delle scimmie.

8a)  L’australopitecus
(scimmia sudafricana) sarebbe il primo antenato comune, scoperto nel 1924 dal paleontologo Raymond Dart. Tutte le comparazioni però tra lo scheletro dell’australopitecus e dello scimpanzé dimostrano che non esiste nessuna differenza evidente tra loro. Eppure per molti evoluzionisti l’australopitecus avrebbe avuto la caratteristica di camminare in posizione eretta come gli uomini (condizione non sicura; altri paleontologi, come Solly Zuckerman e Charles Oxnard, non sembra che siano stati del tutto d’accordo, e condizione non sufficiente: non è sufficiente, infatti, una somiglianza per affermare che uno (l’uomo) discenda dall’altro (australopitecus); si veda sopra).

8b) Le incertezze aumentano su Lucy: proviamo a valutare com’è presentata comunemente dagli stessi esperti (sono sottolineate le incertezze):
Nel 1973 Donald Johanson rinvenne i resti del corpo di un Australopithecus  comprendenti parti di entrambe le gambe, inclusa un'articolazione, risalenti a 3,4 milioni di anni fa.  Originariamente sembrava che il fossile riguardasse un individuo giovane, ma successivamente si scoprì che si trattava di un adulto. I resti comprendevano il 40% dello scheletro. Particolarmente importanti l'osso pelvico, il lt femore e la tibia, perché la loro forma lascia pensare che questa specie fosse già bipede.
Era alta 1,07 metri, piuttosto piccola per la sua specie, e pesava probabilmente tra i 29 e i 45 Aveva denti simili a quelli umani, ma il cranio era ancora scimmiesco, con una capacità cranica tra i 375 e i 500 3. Morì sulle rive di una palude, probabilmente di sfinimento, e fortunatamente nessun predatore ne sbranò i resti, disperdendone le membra, così che il corpo, sommerso dal fango, nel corso dei millenni si fossilizzò fino a diventare roccia. Dopo milioni di anni il suo scheletro è ritornato alla luce intatto [non proprio: solo il 40%] e ci offre una preziosa testimonianza sulla costituzione fisica degli ominidi di quel periodo.
Pur essendo perfettamente adatta alla locomozione bipede, conduceva ancora una vita in parte arboricola. Si pensa che salisse sugli alberi per sfuggire ai predatori e per trascorrere la notte. Era più piccola del maschio. Si pensa che vivesse in un gruppo formato da adulti e giovani. I suoi denti erano adatti a un'alimentazione onnivora, basata sulla raccolta di vegetali e la cattura di insetti e lucertole. Secondo altre fonti, mentre in passato si riteneva che la dieta degli Australopitecini gracili consistesse in parte di carne, anche sulla base dei ritrovamenti di accumuli di ossa, più di recente tali accumuli sono stati attribuiti all'attività di Homo habilis lt . I loro grandi molari indicano che mangiavano cibi abbastanza duri, probabilmente erba o semi di cereali. Lo spessore dello smalto indica anch'esso che mangiavano cibi duri.
Quali prove renderebbero questa creatura una forma transitoria? Secondo Dr. Johanson, si ritorna alla posizione eretta! Le dimensioni del suo cervello sono però ancora piccole, in proporzione è una scimmia, e la maggior parte delle altre caratteristiche sono principalmente scimmiesche; anatomicamente non è diversa da un moderno scimpanzé. La mascella, in particolare, è a forma di V, totalmente differente dalle mascelle umane.
E quali sono le prove che sostengono l'idea che questa creatura avrebbe camminato in posizione eretta? Lucy sembra avere avuto femore e bacino più robusti rispetto alla maggior parte degli; inoltre l'angolo che forma l'osso della gamba superiore con l'osso della gamba inferiore al ginocchio per gli Scimpanzé e i gorilla è di di 0°. Gli esseri umani hanno un angolo di circa 8°. Lucy ha un angolo di circa 15°. Questi presupposti farebbero di lei un camminatore in posizione verticale. Ai giorni nostri tuttavia l’orangutan e le scimmie ragno hanno lo stesso angolo, come gli esseri umani, eppure sono degli abilissimi arrampicatori. Per il resto, in riferimento alle "somiglianze anatomiche", anche orsi e cani hanno molte somiglianze.

Riporto i resti di Lucy:


Un po’ pochino, tanto pochino che l’ antropologo e zoologo  Lyall Watson non esitò ad affermare che i fossili che decorano il nostro albero di famiglia sono così scarsi che ci sono ancora più scienziati di esemplari. Il fatto notevole è che tutte le prove che abbiamo per l'evoluzione umana, possono essere posizionate con spazio libero all'interno di una singola bara.
Attorno a questi resti poi si aggiungono le ossa mancanti e si costruiscono i corpi in cartapesta con la pretesa della certezza scientifica, su una programmazione computerizzata che poggia su degli apriori non dimostrabili.

8c)  Australopithecus sediba: anello di congiunzione con l’uomo

La scoperta dello scheletro è paradossalmente un’ennesima prova contro la tesi gradualista, e quindi contro il perno dell’evoluzionismo darwiniano. Tim White, paleoantropologo dell’University della California e tra i più esperti in materia, ha considerato questo scheletro solo un esponente tardivo di Australopithecus africanus e ne spiega la motivazione. La stessa posizione pare averla presa anche John Hawks, antropologo dell’Università del Dunque l’A. sediba non sarebbe affatto un anello di congiunzione con l’uomo.
Ma se questi scienziati si sbagliassero, andrebbe ancora peggio per i neodarwinisti. Come riporta un equilibrato articolo apparso su "Le Scienze" i risultati di questa ricerca «pongono così in dubbio la teoria di un graduale ampliamento del cervello durante la transizione da Australopithecus a Homo». Dove sembrava di vedere la definitiva consacrazione del meccanismo neo-darwiniano, emerge invece un grande ostacolo: si allontana l’ipotesi di uno sviluppo gradualistico del cervello. E i biologi sanno che il gradualismo è un punto centrale del neo-darwinismo.


Sintetizzando: 1) l’Australopithecus sediba è una specie di A. Africanus, e allora niente "anello" di congiunzione con Homo. 2) l’Australopithecus sediba è un anello di congiunzione con Homo, e allora la sua scoperta comporta molte difficoltà per l’evoluzionismo neo-darwiniano a causa del suo cervello che non mostra un’evoluzione graduale.

8d)  E l’homo erectus? E il ragazzo di Turkana?

Il "Ragazzo di Turkana", la cui struttura scheletrica eretta non si differenzia da quella dell'uomo moderno, ha da subito fatto sorgere forti perplessità ai ricercatori. Lo statunitense Alan Walker affermò di dubitare che "un normale patologo potesse distinguere la differenza tra lo scheletro fossile e quello di un uomo moderno", così come l’evoluzionista Richard Leakey, nota che la differenza tra l'Homo erectus e l'uomo moderno è pari a una variazione di razza. Si potrebbero solo considerare le differenze nella forma del cranio, nel grado di protrusione della faccia, nella robustezza della fronte e così di seguito.
Tali differenze però, non sono probabilmente più pronunciate di quelle che vediamo oggi tra le diverse razze geografiche degli umani moderni.

Il Prof. William Laughlin dell'Università del Connecticut, compì parecchi esami approfonditi sugli Inuit e sugli abitanti delle isole Aleut, e osservò che queste popolazioni erano straordinariamente simili all'Homo erectus. La conclusione a cui arrivò, fu che tutte queste distinzioni erano in realtà razze differenti di Homo sapiens (uomo moderno).

8e)  Homo di Neanderthal

Scoperto nel 1856 e sostenuto come prova dell’evoluzione, fu abbandonato dalla letteratura evoluzionista nel 1960. Più recenti scoperte riguardanti il genoma umano sembrerebbero in grado di accertare almeno fino a un certo punto che neanderthalensis e sapiens apparterrebbero alla stessa specie e che le differenze anatomiche e somatiche sarebbero dovute a differenze climatiche, ambientali, morfologiche e di alimentazione.

Così fu per lo Zinjantrophus e il Ramapithecus, abbandonati dalle teorie evoluzionistiche alla fine degli anni ‘80

9)  Che cosa dire poi sul mistero del linguaggio
Il docente di Linguistica generale nella Scuola Superiore Universitaria IUSS di Pavia, Andrea Moro, esperto di sintassi e neurolinguistica, già visiting scientist presso il MIT e la Harvard University, tra i fondatori del Dipartimento di Scienze Cognitive al San Raffaele di Milano, nel 1993, ha parlato della misteriosità del linguaggio umano descrivendo anche le tappe del progresso in questo campo.
I riduzionisti pensavano, spinti come sempre da forti condizionamenti filosofici, che tra gli esseri umani e gli altri animali non ci fossero distinzioni qualitative rispetto al codice di comunicazione. Tuttavia, verso la fine degli anni cinquanta del secolo scorso, vennero degli studi sulla struttura logica del linguaggio che mostrarono come ridurre il codice di comunicazione umana solo a meccanismi di tipo statistico era impossibile. L’essere umano rimane misteriosamente irriducibile, infatti, le grammatiche contengono nel loro nucleo la capacità potenziale di produrre strutture infinite. Inoltre, la comparsa dell’infinito non ammette gradualità, esclude cioè che esistano negli altri esseri viventi "precursori" di questa capacità: certamente gli animali comunicano, ma non lo fanno utilizzando meccanismi capaci di "costruire" l’infinito.
Quindi anche in questo caso nessuna evoluzione graduale. L’uomo è tutta un’altra cosa.
Questi dati, continua Moro, portarono Noam Chomsky (capostipite di questi studi) a dichiarare: gli esseri umani sono in qualche modo progettati in modo speciale con una capacità di natura e complessità sconosciuta. In un articolo del 2010, Moro aggiungeva: la variazione tra le lingue umane non è illimitata perché non è, come invece lasciava credere una certa filosofia del 900, né frutto né del caos né di una convenzione arbitraria. I confini di Babele esistono e sono scritti nella nostra carne. Si aprono dunque quesiti sulla questione dell’evoluzione della nostra specie impensabili nel secolo scorso, ma rimane fondamentale la consapevolezza che il nucleo del linguaggio umano, la sua capacità creativa, è un mistero.

10)  Le rappresentazioni fallaci
Vi è, d'altra parte, un'enorme vuoto tra l'Homo erectus (Homo ergaster, homo sapiens archaic, homo sapiens) che è considerata una razza umana, e le scimmie che lo precedettero nello scenario dell'evoluzione umana (Australopithecus, Homo abilis, Homo Rudolfensis). Ne consegue che i primi uomini apparvero nelle testimonianze fossili improvvisamente e direttamente, escludendo ogni concatenazione evolutiva. Ammettere, tuttavia, questo fatto è del tutto contrario alla filosofia dogmatica e all'ideologia degli evoluzionisti.
Quindi si rappresenta l'Homo erectus, come una creatura per metà scimmia, così come nelle ricostruzioni, persistono tenacemente nell'attribuirvi tratti scimmieschi. D'altra parte, in tali immagini, scimmie quali l'Australopithecus o l'Homo habilis vengono umanizzate. Tale metodo cela il tentativo di "avvicinare" le scimmie agli esseri umani, colmando così il vuoto intercorrente tra queste due distinte classi viventi; così sono rappresentate le scene di vita quotidiana di queste creature immaginarie. E le riviste scientifiche non esitano a pubblicare queste ricostruzioni ingannevoli e l’albero genealogico immaginario ricostruito su questi dati falsi.

L’immaginazione degli evoluzionisti non si limita a questi disegni, le rappresentazioni scimmia/uomo sono apparse anche in molte rappresentazioni cinematografiche… Eppure, partendo da una tibia o da un femore non si possono ricostruire le labbra,  il naso, le orecchie, la pelle, i capelli… Gli evoluzionisti danno invece forma a questi tessuti molli che non lasciano traccia secondo le esigenze della loro teoria e si riproducono delle ricostruzioni immaginarie.

Un antropologo di Harvard, David R. Pilbeam, rileva questo fatto quando afferma:
Per lo meno in paleoantropologia, i dati sono ancora così sparsi che la teoria influenza profondamente le interpretazioni. In passato, le teorie hanno chiaramente riflettuto le nostre ideologie correnti piuttosto che i dati attuali.
(David R. Pilbeam, "Rearranging Our Family Tree", Nature, June 1978, p. 40).

Earnst A. Hooten, docente presso l'Università di Harvard, scrive, per spiegare tale situazione:

Il tentativo di ricostruire le parti molli è un'impresa addirittura più azzardata. Le labbra, gli occhi, le orecchie e la punta del naso non lasciano indizi nelle sottostanti parti ossee. Con un cranio neardentaloide è possibile modellare, con eguale facilità, le fattezze di uno scimpanzé o i lineamenti di un filosofo. Queste presunte di antiche tipologie di uomini non hanno alcun valore scientifico e servono solo a fuorviare il pubblico... Perciò non fidatevi di simili ricostruzioni. (Earnest A. Hooton, Up From The Ape, New York: McMillan, 1931, p. 332)


11)  Conclusione:

Utilizzando i prodotti delle mutazioni e con l’effetto dell’isolamento geografico delle popolazioni, ci si rende perfettamente conto di quellemodificazioni limitate in seno alle specie, note da sempre ai naturalisti, che talvolta prendono il nome dimicroevoluzione. Una delle sue manifestazioni più conosciute è la formazione dirazze’interno di una specie.
La microevoluzione, però, non ha nulla a che vedere con l’evoluzionismo: tra essi esiste unadifferenza di natura. Quasi sempre gli evoluzionisti trascurano tale differenza con disinvoltura colpevole, così che fenomeni microevolutivi vengono interpretati come esempi di evoluzione. La microevoluzione implica modificazioni organiche limitate ed esclude completamente la comparsa di nuovi organi o di nuove funzioni; l’evoluzionismo, invece, per rendere conto delle differenze organiche e funzionali tra i gruppi di viventi passati e attuali, deve postularle: la microevoluzione èindifferenteregressiva, l’evoluzionismo èprogressivo.

Le tesi evoluzionistiche dicono inoltre che deriviamo dalla scimmia poiché il 98% del nostro DNA è uguale al loro, ma è sfuggito probabilmente che abbiamo anche il 50% del DNA della banana, e questo non indica che noi siamo per metà delle banane; abbiamo anche l’80% del DNA del lombrico; inoltre quel 2% di differenza tra il DNA delle scimmie e il nostro, lascia un abisso pressoché incolmabile di informazioni (poiché in ogni cellula di Dna vi sono più di 3 miliardi di lettere d’informazione).
Attenzione dunque alle falsificazioni dei libri di testo scolastici vendute per buone, alle ricostruzioni fantascientifiche, ai nomi altisonanti scartati dagli stessi evoluzionisti. Si sta ripetendo per molti versi la stoltezza dei filosofi aristotelici del XVII secolo: la scienza ufficiale non vuole arretrare e spaccia per scientifico quello che non lo è.
L’Evoluzionismo, al limite, potrebbe essere ritenuto un’ipotesi scientifica, o semplicemente una bella teoria, alla stregua della "Città del Sole" di Campanella o dei cieli aristotelici. Comunque la si metta la Teoria dell’Evoluzionismo o del Neo- Evoluzionismo non è una verità scientifica. La paleontologia ha dimostrato che tutte le specie sono venute alla vita simultaneamente, formate nella loro completezza senza nessuna evoluzione sostanziale.

Non Erano evoluzionisti:
Albert Einstein,  Alexis  Carrel  (premio Nobel per la medicina e per la tecnica dei trapianti),  Gregor  Mendel,  naturalista, matematico, Guglielmo Marconi,  Giuseppe Mercalli  geologo , sismologo e vulcanologo italiano; Louis Pasteur, Antonino Zichichi, Carlo Rubbia (fisico premio Nobel), Emily  Klark  ( docende  sulla dinamica dei fluidi), Floyd Yones (matematico, geofisico e paleontologo), Hanz   Zillmer  (paleontologo  ed  architetto, scrittore  del libro “Darwin  mistake ” trad. “L’errore di Darwin”), Joseph  Mastropaolo  (biologo),  Thommy  Sharp (archeologo e  biogenetista ),  Werner   Arber  (scienziato biologo).


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