Parrocchia Mosso Santa Maria

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Sull'abito del sacerdote

A proposito dell’abito……del prete!
( risposta ad un articolo apparso su un foglio locale)



Prendo spunto da una sua affermazione nell’articolo "Ipocrisia della fede", non certamente per discutere tutta l’argomentazione, bensì per sottolineare il passaggio che riguarda l’abito del prete.  E’ necessario fare alcune premesse :
Il significato di "abito". Nella S.Scrittura l’abito ha una importanza non indifferente, perché l’abito è l’indicazione della "dignità" della persona. Di Gesù si sottolinea pure la "sua tunica" tessuta tutta di un pezzo senza cuciture. L’abito ha una sua specifica funzione: esprimere la dignità della persona. Dove il concetto di dignità non è uguale a quello che usiamo noi, ma dignità significa la "configurazione della persona", lo stato, il senso del suo essere. Ricordiamo la parabola di Gesù circa quel tale che era entrato al banchetto nuziale "senza l’abito nuziale". Certo che oggi per noi questo intenso significato è sfumato….l’abito è per noi solo sfoggio o comunque non certamente l’espressione della dignità…..riducendolo solo eventualmente al concetto di divisa, là dove è necessario riconoscere qualche ruolo.
Il prete ha una dignità…che non è semplice espressione di sè, ma che gli è stata affidata: la facoltà di conoscere Gesù e la missione di annunciarlo. Pertanto la dignità del prete sta nel porre una realtà che viene dall’alto. Manifestare tale realtà implica il farla conoscere concretamente con tutta la persona.
Sulla base di queste semplici premesse allora alcune conseguenze:
L’abito ecclesiastico del sacerdote che ha avuto la sua evoluzione ed è arrivato a concretizzarsi in quello che comunemente è chiamata "talare" (veste nera - colletto bianco) non è dunque un ornamentale del prete, ma nel suo significato è l’espressione di quella dignità che il prete deve avere: rappresentare una realtà che non è allineabile con il comune pensare, parlare, vivere dell’uomo. Pertanto l’abito del prete deve riuscire a comunicare questa dignità: il prete è un uomo che deve avvicinare agli uomini una realtà che non nasce e non si configura alla mentalità degli uomini. Portare l’abito non è sinonimo di antichità, non è sinonimo di mentalità poco aperta  è semplicemente un voler dire quella dignità che al prete è stata affidata. E’ ovvio che si tratta di vedere come uno sia diventato prete e quali ragioni lo hanno spinto ad essere prete e come intende fare il prete…..tutto dipende da queste conoscenze!
Pertanto ogni banalizzazione dell’abito ecclesiastico del prete non ha ragion d’essere, perché l’abito non va valutato come un gusto a scelta personale, bensì è solo espressione di una dignità che non è semplicemente il se stessi!  Le ragioni che di solito si adducono al non portare l’abito ecclesiastico non hanno un valore  coerente alla dignità del prete e quindi non sono neppure  convincenti.
Il non portare l’abito è sinonimo di appartenenza solo a se stessi e quindi il non-abito è solo lasciare il posto ad un abito che esprime solo se stessi non la dignità per cui si è mandati. Psicologicamente è una cosa grave (non moralisticamente, perché non sta a noi giudicare), perché significa che l’intento è il farsi accettare indipendentemente dalla dignità che rappresenti….è semplicemente un sintomo di adolescenza non ancora superata, perché si pone se stessi e non quello per cui si è posti….non c’è ancora il salto della maturità umana, di chi è capace di essere a disposizione di un altro…. A parole magari..ma all’atto pratico nascono i dubbi!
Lo so che si può dire che il prete fa lo stesso quello che deve fare…..d’accordo! ma fare il prete non è un susseguirsi di atti di culto o di forme più o meno umanistiche, fraterne, socialmente encomiabili….forse il prete nella sua struttura originaria è quello che deve rappresentare tra gli uomini la dignità stessa di Dio, non la sua…..l’abito è solo uno strumento con cui dire in modo concreto e visibile esattamente questa verità. Sicuramente è da escludere anche l’altro atteggiamento di chi porta l’abito solo per una ragione di "stato"…diventa cioè un "lusso" di "casta" di appartenenza ad uno stato di "certa gerarchia" o comunque di certa estetica o di volontà di potere o similari….(si notano subito questi personaggi…impeccabili persino nelle pieghe, in modo anche eccessivo! Lontani dal senso vero dell’abito) anche questo non c’entra niente con la dignità di cui l’abito ecclesiastico deve essere il richiamo. Rimane comunque che portare l’abito ecclesiastico è responsabilità, difficoltà…..ma la tunica di Gesù era di un pezzo unico senza cuciture. Era la tunica dei "maestri" …ma non era come quella degli altri maestri.

Don Carlo Maria Rovagnati  


 
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