Parrocchia Mosso Santa Maria

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Sul celibato annuncio del Risorto

Il celibato : annuncio del Risorto

L’ estate trascorsa ci ha riservato molte emozioni un po’ su tutti i fronti, non escluso il fronte della Chiesa. E’ in questo ambito che è ripartita un ennesima volta la vecchia questione del celibato dei preti. Un interrogativo, all’apparenza tormentoso, del perché i preti della Chiesa cattolica non si possono sposare. E le interpretazioni date sono comunque sempre le solite di ogni volta si pone la questione: in chiave sessuale, in chiave psicologica, in chiave umanitaria, in chiave sociale in chiave…..ma forse è importante leggere la questione in un altro senso. L’ispirazione che sottende alla decisione della Chiesa circa questa problematica, attinge il suo fondamento e quindi il suo senso dalla parola di Gesù, meglio, dal desiderio profondo di Gesù nei confronti dei suoi discepoli:  i suoi discepoli devono parlare del cielo: " Alla risurrezione infatti non si prende né moglie né marito, ma si è come angeli del cielo" (Mt.22,30). Per questo i discepoli di Gesù, quelli che devono annunciare il suo Vangelo, saranno un segno incomprensibile alla mentalità del mondo: " Gli dissero i discepoli: - se questa è la condizione dell’uomo rispetto alla donna, non conviene sposarsi- Egli rispose loro: - Non tutti possono capirlo, ma solo coloro ai quali è stato concesso……altri si sono fatti eunuchi per il regno dei cieli. Chi può capire capisca" (Mt.19,10 ss). La condizione dunque del prete non sposato può essere solo compresa se inserita in questa visione di testimonianza della Risurrezione, dello stato dell’uomo che condividerà la risurrezione di Gesù.In altre parole lo stato del prete non sposato è solo una chiara testimonianza di come è Gesù risorto in continuo dialogo con l’uomo; è dare all’uomo la certezza che vivremo in un altro modo. Detta così può sembrare allora uno stato di vita che rifugge dai rapporti umani e vive in un certo senso fuori dal realismo della vita. In effetti se lo stato di celibato è vissuto con lo spirito della legge che deve essere osservata, non produce nella persona l’effetto dello stato della risurrezione, ma solo uno stato di umanità frustrata e sempre desiderosa di compensazioni umane ( che generano nella persona lo stato continuo del "desiderare"). Ma se questo stato è vissuto con la coscienza missionaria, come Gesù l’ha inteso nel momento in cui l’ha scelto per sé e l’ha prospettato per i suoi, allora è uno stato che rende l’uomo capace di squisita umanità, capace di comprendere con chiarezza e trasparenza ogni situazione umana; capace di far capire che la Risurrezione è immersione totale in Dio e quindi è reale pienezza d’amore. E’ uno stato che dà al discepolo la capacità di capire davvero la forza liberatrice di quel rinnegamento di sé, che non è privazione, è porsi come strumento col quale Gesù  può far passare ancora la sua ricchezza ad una umanità impoverita dal peccato sì, ma soprattutto incapace di alzare lo sguardo dalla terra e incontrare la realtà del cielo. Mi sembra pertanto inopportuno porre sempre il problema sulla questione se i preti si devono o no sposare…perché il problema non sta in questi termini secondari, il problema è alla radice dell’essere prete; la Chiesa chiede questo ai suoi preti, perché vuole che davvero il prete sia una presenza tra gli uomini capace di presentare al vivo Gesù Risorto, vivo, ma in modo diverso dal normale vivere umano. Questo non significa disprezzo o posizionare il matrimonio come qualcosa di secondario nel progetto di Dio, significa semplicemente che anche il matrimonio ha bisogno di essere vissuto nella dinamica che porta al cielo, anche il matrimonio deve essere vissuto in una prospettiva di risurrezione che non  basta essere immaginata fantasticamente, ma è necessario sia visibile e compresa: il prete deve dare il segno di una realtà futura che non deve essere inventata da alcuno, ma che è consegnata da Gesù ai Suoi, perché la facciano conoscere agli uomini; per questo lo stato dei preti voluto dalla Chiesa è davvero un carisma, vedendo il quale  gli uomini, immersi nel loro quotidiano cammino, sapranno orientare sempre il loro vivere nella prospettiva di  uno stato di vita che sarà di gioia piena.

Mosso  17  settembre  2001                               Rovagnati don Carlo Maria


 
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